Dedicato a S.
Perché mi sono girata e non c’eri più.
Ho visto Berlino appena maggiorenne. In un viaggio breve, freddissimo, complicato, stancante, doloroso. Intenso. E c’era qualcuno con me che era altrettanto intenso. A cui volevo un bene così forte, ingenuo, randagio, geloso ed impossibile che nemmeno noi lo potevamo capire.
Quando tornammo sentii che quella città mi aveva fatto così male dentro che scrissi qualcosa per provare a stare meglio.
Scrissi la storia di un addio. Anzi, la storia del tentativo spasmodico di potersi dire addio, almeno in sogno. Almeno addio.
Poi, quasi per gioco, mandai il racconto ad un concorso . Lo scelsero, lo pubblicarono. Pubblicarono quell’addio mancato. Avrei potuto dirlo a lui. Ma non lo feci. Avevo tempo, pensavo.
Non potevo sapere che quella ricerca spasmodica di potersi dire almeno addio sarebbe iniziata davvero. Nessuno poteva sapere che ti avrei perso davvero. Così, all’improvviso, per uno scherzo del destino. Come uno scherzo tra bambini finito male.
E, ironia della sorte, quella a Berlino fu davvero per noi l’ultima pietra lanciata.
ph: ANNA O.